Mi stavo giusto annoiando.
Dopo l’imminente invasione dell’Ucraina, Totti e Ilary che si lasciano, e una scadenza di lavoro tra 6 giorni, stasera han pensato bene di rubarmi la borsa. Cosa che non mi accadeva da almeno una vita fa (e non è metaforico).
Esco dall’ufficio alle 18,15 dopo 9 piacevoli ore di orario extra, che faccio volentieri perchè sotto scadenza la mia unica priorità di vita diventa concludere il lavoro, a cui si sommano poche altre funzioni vitali essenziali (tipo mangiare, dormire, mandare whatsapp audio).
Fresca come un’orchidea sfiorita, opto per una riposante camminata al parco lasciando tutto in macchina fuorchè il telefono e le cuffiette (dovendo ascoltare i whatsapp audio).
Cammino a criceto per il parco di Pinerolo, ripassando mentalmente la lista della spesa tra i runner che mi doppiano 56 volte e altri camminatori sparsi come la sottoscritta.
Al mio ritorno ormai è quasi buio, apro il cofano per riprendermi il bagaglio e fiondarmi alla coop a comprare i broccoli, ma ci trovo: 1) le scarpe. 2) i regali di natale non ancora recapitati (!). 3) i bastoncini per la montagna. 4) due berrette 5) ombrello, borraccia, varie ed eventuali, blablabla.
Un caleidoscopio di oggetti, in cui scorgo di tutto tranne la borsa.
Il mio primo pensiero istintivo è: “l’avrò lasciata in ufficio”, ma ricordo molto bene il momento in cui l’ho depositata nel baule e mi sono guardata attorno furtivamente per accertarmi che non mi vedesse nessuno… Evidentemente il mio accertamento non è stato abbastanza accurato, ma non mi soffermo sulla mia furbizia da Pantera Rosa, né mi lascio andare a imprecazioni di sorta.
Anzi.
Mi guardo intorno, con uno stato d’animo inequivocabile: STUPEFATTA.
Ho ancora un telefono, due cuffiette, i fazzoletti di carta, un burro cacao e le chiavi di casa. Oltre ovviamente alle chiavi dell’automobile e (cosa nient’affatto trascurabile) un’automobile.
Mi sento sommariamente invulnerabile, e con una lucidità da serial killer faccio una cosa. La prima.
Non chiamo mia madre, né mio padre, né Danilo, né AIUTO.
Mando un messaggio. Alla mia collega.
“Ciao. Mi hanno rubato la borsa. Dentro c’erano le chiavi dell’ufficio, devo fare qualcos’altro oltre alla denuncia?”.
La mia prima azione concreta di autoconservazione da un furto è mossa a salvaguardia dell’ufficio…la roccaforte dei miei ultimi 4 mesi, il luogo dove ho passato più tempo in assoluto di quello che ho avuto a disposizione da sveglia, le cui chiavi sono attualmente in mani nemiche e ciò mi angoscia più dei miei stessi soldi e documenti che non ho più.
Ecco. Quando realizzo di non avere più documenti, metto in moto la macchina per andare dai carabinieri.
Quando metto in moto la macchina, realizzo di non avere più la patente.
E neanche un soldo per comprare i broccoli.
Vado al Comando a risolvere almeno parte della faccenda. Entro in stazione alle 19,35 e siccome ho una persona davanti, per ingannare l’attesa faccio il numero verde di Poste Italiane per bloccare la mia carta bancomat.
Mi risponde l’Intelligenza Artificiale, che mi sciorina a raffica tutta una serie di carte tra cui dovrei scegliere e comunicarle verbalmente quale deve bloccare. Ci sono tutte: carta di credito, carta poste pay, carta oro, carta carbone, carta igienica, forse anche Marco Carta, l’unica che l’Avatar non mi propone è una comunissima CARTA BANCOMAT.
Provo a pronunciarglielo, nella sua pausa di attesa, ma mi risponde che non ha capito, e di formulare la mia esigenza cambiando frase.
“BLOCCA-CARTA-BANCOMAT” scandisco, a voce alta, nell’atrio dei Carabinieri, ad un disco che non mi capisce. Mi sento in un universo parallelo, forse sto lavorando troppo.
Devo riattaccare con l’Intelligenza Artificiale sordo-ottusa di poste italiane e parlare con un uomo vero e in uniforme che mi ha chiamata con un cenno al di là del vetro.
“Dovrei fare denuncia per il furto di una borsa”, spiego da dietro una mascherina, all’alba della mia dodicesima ora fuori casa.
“Ehhhh… torni domani. Alle otto chiudiamo e di là c’è un’altra persona”.
Torno domani?
“Ma domani devo lavorare, sono le otto meno dieci, posso aspettare”.
“Nooo, torni domani che adesso non possiamo. Lei dove abita?”, mi incalza, privo di reale interesse.
“A Orbassano, ma non sono residente. Non c’è un altro comando?”. chiedo, sempre più stupefatta e incredula che l’omino con la divisa non mi aiuti a levarmi le castagne dal fuoco.
“Qui no. Ma in ogni caso, provi a Orbassano. Se lei è residente lì la denuncia la deve fare lì”.
Punto. E chiude la frase lasciando intendere che non sta bene presentarsi all’ora dell’amatriciana, che lui ha lavorato tutto il giorno come me e invitandomi ad andare a Orbassano, dove peraltro gli avevo appena detto che NON risiedo, a un comando che COME LORO chiude alle 20, e per di più SENZA PATENTE.
Dopo questa clamorosa istigazione al reato, me ne vado. Non prima di averlo guardato. Una lunga, silenziosa occhiata, più feroce di un insulto, in cui affiora nell’iride un fatale e irreversibile disprezzo.
Con una inebriante sensazione di clandestinità, inforco la macchina, mio bene più prezioso e ahimè violato per la seconda volta.
Violato? Ma siamo sicuri? Eppure i nottolini sembrano a posto. Mi si insinua il dubbio di averla lasciata aperta, ma come han fatto non ha importanza. Con le mani, con le mani, con le mani, ciao ciao.
Io ho un telefonino e una vettura, e sono già sufficiente ricca.
Rifaccio il numero di Poste Italiane, dribbo i vari “digiti 1” e “digiti 9”, e quando l’ Intelligenza Artificiale fa la sua pausa di riflessione per permettermi di parlare, dico a voce alta: VOGLIO PARLARE CON UN OPERATORE!”.
Silenzio.
Riparte: “Mi dispiace non aver potuto esserti di aiuto”, il tono è gentile ma risentito. “Ti passo subito un mio collega umano”.
Dopo essere riuscita a mortificare una voce registrata e liquidato le mie priorità con un collega Homo Sapiens, riparto. Con tutta calma, guidando in autostrada a fari spenti nella notte senza patente, chiamo Danilo.
Scopro che è andato a fare la spesa (ah, meno male), ha messo le patate a bollire (ottimo), è sceso a fare 4 passi (perfetto) e ha lasciato che le patate finissero di cuocere.
Eeeeeeeeeeeeehhhhhhhhhh?????
Ma perché il gas acceso? E soprattutto perché le patate, che riesce a farle bruciare anche quando è in cucina, figuriamoci se è sceso a correre?? Stasera ho subito il furto della mia borsa, rimanere anche senza casa mi complicherebbe oltremodo.
Mi risponde che stavolta ha messo molta più acqua, e giura di aver lasciato la fiamma al minimo.
Forti di questa solida rassicurazione, ci salutiamo. Sono a None, 15 minuti di viaggio ancora mi separano dal purè e dal potermi accertare di avere ancora un tetto dove dormire.
L’alternativa è solo accamparmi per terra in ufficio, dopotutto se mi avessero rubato la macchina sarebbe stata l’unica possibilità plausibile per ultimare il lavoro entro questa benedetta scadenza tra 6 giorni.
L’unico reale problema che mi balena in testa in questo istante è se facessi un incidente, ora, in autostrada. In tal caso, senza documenti, senza prove circa la mia identità e con l’urgenza di rientrare a casa prima che i vicini chiamino i vigili del fuoco, potrei solo darmi alla fuga per i campi.
Tanto, dopo le 20, le prigioni sono chiuse.